Pinocchio esoterico by Giacomo Maria Prati

Pinocchio esoterico by Giacomo Maria Prati

autore:Giacomo Maria Prati [Giacomo Maria Prati]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


La colpa di Pinocchio è imperdonabile.

EPOPEA SONORA PER IMMAGINI

Otto costellazioni immaginative

Chi è?

Domandò sbadigliando

e stropicciandosi gli occhi.

Sono io, risposte una voce.

Quella voce era la voce di Geppetto

Quando Geppetto ritorna è come il ritorno di Dio, della salvezza, del cibo, del guaritore dei piedi bruciati. Il Tutto di Pinocchio da cui dovrà imparare a liberarsi per poi tornarvi da libero e da figlio nell’amore. La descrizione dell’avvicinarsi alla porta di Geppetto è una descrizione tutta auditiva e molto semplice lessicalmente eppure sentiamo un’aura solenne, misterica in cui suona e splende tutto il genio linguistico e animico di Collodi che rende quasi visibile quella voce con la sua ritmica grave di amore sofferente e sacrificale. Tutto è immagine in questo poema incredibile e unico, anche i suoi sottointesi, le allusioni. Si sentono carnalmente le pause. Tutto prende corpo, fisicità, istintività e sembra guidare la nostra immaginazione pur lasciandola libera come in un sogno ad occhi aperti. La voce di Geppetto assume un tono sacrale, abissale che contrasta con il tono buffo e inconsapevole del burattino addormentato. Geniale. Accade qui in senso sensoriale, attualizzato come normalità narrativa ciò che nell’Apocalisse accade a Giovanni nel giorno della visione: il vedere la Voce (Ap. 1,3). Così è la vita nella sua verità: tutto è confuso e mescolato disordinatamente. Questa incisività visiva la si apprezza anche nei dettagli più poveri come quando ci mostra per la prima volta il Grillo parlante nella casa di Geppetto per la prima volta senza Geppetto. Nel vuoto appaiono le voci, gli spiriti e il Grillo è l’oracolo della casa, la voce della terra come la trave oracolare da cui viene fabbricata la nave Argo di Giasone. Il Grillo sapiente ci viene dipinto come “grosso”, che saliva lentamente “su su per il muro” ed ecco che magicamente lo vediamo, lo sentiamo e lo immaginiamo immediatamente come molto scuro, assolutamente nero. Conoscere per visione, grecamente. Quel “su su” ci proietta la sua affascinante lentezza, il suo stagliarsi sul muro della stanza quale unicità allucinatoria, singolare, assolutamente epifanica. Il suo “Sono Io” mostra la solennità sacrale dell’autoscienza dell’Essere che tornerà nel “Sono Io” di Geppetto e alla fine dello stesso Pinocchio alla porta notturna della Fata. Il problema è sempre l’Essere e il suo critico auto-riconoscimento spesso socialmente disconosciuto, negato, obliato. Pinocchio fa con il Grillo quello che Mastro Antonio voleva fare con lui: negare la visione della voce altra che appare prodigiosamente nel vuoto, come diceva Carmelo Bene a proposito del rapporto fra teatro pieno e teatro vuoto di pubblico. Che ogni romanzo sia anche un “racconto per immagini” è quasi banale dirlo, ma non per Pinocchio che appare opera mitogonica anche in questo, nella sua densa intensità immaginifica. Una densità così profonda e originale che sembra avere un proprio approccio personale a tutti gli immaginari più universali del raccontare di tutti i tempi. Il nostro racconto si distingue sia per la straordinaria efficacia visiva dei suoi personaggi, quasi ipnotica, totemica, anche nel caso di quelli apparentemente più marginali, come i cani mastini del tribunale o il Delfino dell’Isola.



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